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Laboratorio di scrittura a partire da sé

Omaggio a Marguerite Duras – 8 e 21 maggio 2014

Collana Scritti di getto


M. F.

La lettura del brano mi ha immediatamente riportato in un ambiente tropicale, colori, luci ombre. Mi hanno colpito l’introduzione, “la preferisco ora piuttosto che da giovane”,  e poi invece la dettagliata descrizione dell’immagine da giovane, vestiti, scarpe, colore della pelle, profumo, dove appare una sorta di nostalgia in realtà, del corpo, e di come era. A tratti dei riferimenti a una immagine materna lontana, ormai lontana. E infine lo sguardo di un’ estraneo e la sensazione di estraneità sul cosa sta per succedere, come se stia per succedere o succeda a un’altra da sè.


R. D.

Una donna  matura, meglio una vecchia, volge  lo  sguardo  al passato, a sé  ancora  bambina- quasi donna. Un  uomo  le  ha  appena detto che  è  bella, più bella  che  da  giovane. Ma  lei  torna al  passato, penso  anche  con  la sicurezza  che  le  dà  questo  riconoscimento.

Quindici  anni e mezzo:  in  un  attimo  le  scorrono  davanti  agli  occhi  paesaggi, persone, situazioni. La  donna  matura  avvolge  tutto  di tenerezza  e  accettazione.  E’ lei che  rievoca ;  ma  chi  giganteggia  è  la  bambina – quindicianniemezzo  ripete  spesso-  e lo sguardo  sulle cose  è il  suo  di  adolescente. Un “ elegantissimo giovane  signore”,  definisce il suo  futuro  giovane  amante meno che trentenne.

Ascolto  e  rivivo  le  stesse  impressioni  che  ho  ricevuto alla rilettura  individuale.

A  cosa  tende  questa  sapiente  ricostruzione  per  flash  di  un  mondo  lontano,  in  cui si  mischiano  pezzi  di  storia  familiare,  riflessioni, suggestioni  paesaggistiche  e  nostalgie? C’è  solo  un  obiettivo  di  produzione  letteraria  o non  c’è  anche un  obiettivo  di  auto-terapia  e  di  assoluzione?

A conferma  di questa  impressione (che   sia presente  anche  un  obiettivo  di  autoanalisi)   lo  straniamento   nel raccontare, le  contraddizioni   specialmente  nel  rappresentare  la figura  della  madre  ecc.

Altre  osservazioni,  in  una  scrittura  più  meditata,  avrei fatto  sia  sulle  modalità  di  esposizione, ad  es. sulla materialità  dei  dettagli – abiti  scarpe  cintura … –  sia su sentimenti  emozioni  e  ricordi  che  la lettura  ad  alta  voce  mi ha  risvegliato.


L. N. N.

L’impressione è: la seduzione, consapevole ed inconsapevole ma di certo femminilmente dentro ogni donna. Come usarla, quando … perché … E’ una sensazione piacevole ma inquietante, lascia sospesa l’azione, un po’ di paura ma stimolante per osare.

I quindici anni sono l’età più ingrata perché si sente dentro il cambiamento che inizia dallo sguardo degli uomini che non è più casto e dalle donne più grandi che cominciano a giudicarti.


M. L.

Dei miei quindici anni ricordo il giorno in cui mi sono messa con mio
marito. Avevo pantaloncini a quadretti rossi e blu. Ricordo il mare sempre in
movimento, forse non avevo mai visto un fiume.
Non ricordo me come ero allora.
Non saprei descrivermi fisicamente perché ero sempre stata controllata dal
rifuggire all’esteriorità.
La descrizione del fiume si riallaccia all’immagine del film –
affascinante –


L. C.

Ludovica, Il tuo scritto mi ha richiamato alla memoria un episodio del primo giorno in cui sono uscita con mio marito Mariano e siamo rientrati a casa assieme  ‘fidanzati in cammino’,  con la decisione del – “buttiamoci a mare e nuotiamo”. Qualche giorno dopo,  cresciuta la confidenza, Mariano mi disse che il completino a piccoli fiori che avevo indossato il primo giorno a Is Mortorius, camicetta e calzoni bermuda,
gli dava l’impressione di un PINOCCHIO, a me invece piaceva assai!
………………mio stato d’animo…………………………………………………..

Dopo anni di abbigliamento prevalentemente passatomi da mia sorella maggiore che vestiva classico e super castigato, preferivo vestiti un po’ vivaci e pratici  per varie occasioni.
Anche da adulta mi piaceva l’abbigliamento molto giovanile, a maniche molto corte o quasi senza maniche, preludio del rifiuto di avere l’abito “da donna sposata” con copri capo, già superato negli abiti da vita quotidiana, ma immancabile per entrare in chiesa. Io sceglievo di  sentirmi libera, di evadere la prassi  delle donne cattoliche adulte: alta e magra, preferivo lunghezze “mini”.
Mi sono sposata a dicembre con un vestito mini marrone scuro con una larga cintura di metallo lavorato, e con un lungo mongomeri elegante-sportivo, di panno in lana color avorio, a trame grosse irregolari, e con cappuccio. Non amavo gli abiti da sposa che mi richiamavano il senso della subalternità della donna, quanto meno il segnale doveva essere diverso, doveva far sorgere qualche dubbio. Lulli


R. S.

Ho ascoltato la lettura ad alta voce dopo appena due ore dall’ascolto del video dedicato a Marguerite. Ascolto. Ho ascoltato più che guardare. Mi piace molto ascoltare qualcuno che legga per me, mi fa abbandonare al piacere del testo e mi permette, a volte, di staccarmene e ascoltare i miei pensieri.

Mi ha colpito un commento di Ester De Miro, che trovo adatto anche a questa lettura: “L’impossibilità di trovare un’altra voce” – che è poi la voce narrante – “che sostituisca la tua”, cioè quella dell’autrice, il cui suono è nelle nostre orecchie.

E pare allora di vederla bambina, con la sua fretta di uscire dall’infanzia, e impadronirsi del suo corpo. Le piace davvero che tanti la guardino? Percepisce e descrive solo gli sguardi maschili. Dove sono le donne presenti nella sua vita? Dov’è lo sguardo di sua madre?


C. P.

“Quindici anni e mezzo” ripetuto più volte sembra indicare una sottolineatura (guarda: avevo appena 15 anni e mi ricordo tutti i particolari di quel viaggio!)  e una nostalgia … “Avevo solo quindici anni e mezzo” ripete ancora.., eppure i ricordi sono nitidi e  l’autoanalisi molto puntuale nella ricostruzione attraverso immagini e ricordi di sensazioni. Dice che sapeva di non essere bella nel senso più banale ed esteriore, ma di essere cosciente di possedere quel certo non so ché, che  l’ha sempre resa affascinante. Il desiderio di piacere dell’adolescente la porta a vedersi attraverso gli occhi di chi la guarda cercando di far corrispondere se stessa a quell’immagine, piegandosi al desiderio dell’altro.


M. T. L.

Una voce narrante femminile si muove tra due tempi (tra loro molto distanti), quello dell’enunciazione e quello dei fatti narrati. Uno in particolare. La memoria lo riporta in vita colmando la distanza temporale, la personaggia lo rivive e lo racconta come se lo vedesse in un fermo immagine. Ha quindici anni e mezzo. Il vestito di seta color bistro, cedutole dalla madre, le sta bene. Ho un vestito di seta naturale. Trovo che mi sta bene. Porto scarpe di lamé. … Quindici anni e mezzo. Ho già cominciato a truccarmi. Non ho profumo, in casa nostra si adopera l’acqua di Colonia e il sapone Palmolive.

Il riferimento quasi ossessivo all’età per ora ci sfugge, ma per la narratrice ha un significato profondo che forse si è trascinata per tutta la vita. Come la bellezza del Mekong, come l’assenza di stagioni in una terra che non ha primavere, non ha risvegli. Una vita vissuta in due metà diverse del mondo che mantengono, senza poterla mai saldare, la loro specificità.


L. S.

Ho sentimenti contrastanti ed anche confusi nell’ascoltare i brani che Pinella legge in modo molto coinvolgente.

Mi colpisce la descrizione del fiume Mekong sia per la sua bellezza che per il suo scorrere , ora impetuoso, ora lento e sinuoso e che sembra influenzare il ritmo che la scrittrice da al suo racconto.

Ella infatti ci offre  il ricordo del momento in cui, nell’attraversare il fiume in battello, è diventata consapevole non della sua bellezza ma della sua “femminilità”

Consapevolezza che viene raccontata dall’autrice attraverso la descrizione degli oggetti: il vestito ,le scarpe,una cintura del fratello, il rossetto, i capelli…che la rendono affascinante e che attraggono gli sguardi  degli altri ,soprattutto degli uomini.

Sguardi che confermano e alimentano il suo desideri di piacersi e di piacere.


G. L.

Essere devastati dalle rughe rende giustizia all’aver attraversato la vita in cui ancora – per fortuna ci troviamo.

E’ indubbio che l’attività della vita comporti usura, utilizzo di sé, nel corpo, nella mente, nell’anima.

Questo andare avanti e indietro è comunque sia positivo che negativo, ci sono rughe di dolore ma anche di gioia, di sorrisi.

Questa è la vita: rughe e fratture di gioie e di dolori, contentezza comunque di vivere e di aver vissuto.


L. M.

Percepisco i passi letti come uno “sforamento continuo della reticenza”, un mettere a nudo una consapevolezza femminile volutamente spregiudicata, l’eccesso.

Siamo subito al di fuori dell’ordinario, in un gioco tra “la personaggia” rappresentata e l’autrice. Sappiamo che c’è un carattere autobiografico in L’amante e il gioco di attribuzione di consapevolezza è spregiudicato tanto più che avviene tra l’autrice che scrive  il libro in età matura e la giovanissima donna sul battello – quindici anni, quindici anni e mezzo.

Emergono, ma in compresenza, le molteplici identità del personaggio, gli opposti non si escludono: giovanissima –  vecchia (il volto apprezzato dal conoscente), giovane – consapevole, bella – ombrosa (caratteri che hanno anche il paesaggio e il clima – senza stagioni); le identità sono  mescolate in una compresenza senza successione, senza un prima e un dopo rassicuranti.

Io lettrice e il mio mondo ne siamo subito destabilizzati.

Potenza della scrittura, e di quella della Duras in particolare.

Evidentemente è un gioco reso possibile dalla scrittura, non è la condizione della vita; tuttavia il gioco offre chiavi per interpretarla, specie in una lettura a più voci.


P.D.

Io per proporre a voi le letture ho letto e riletto tante volte, perciò più che un’emozione del momento mi viene spontaneo un commento sul linguaggio:

Frasi asciutte, brevissime e numerose anche in pochi righi, come di chi ha prosciugato tutto quanto non le sembra essenziale. Un’essenzialità che sembra sostenere l’estrema sincerità delle affermazioni, come ad evitare orpelli che fanno velo alla verità.

Una prosa che mi viene da chiamare “visiva”, come quando parla del suo trucco (c’è un prevalere di parole che riguardano l’area semantica della vista) o quando descrive com’era vestita.

Quando racconta, si racconta visivamente (come a partire da uno sguardo esterno?) e nel contesto del paesaggio: lo scenario del fiume, ad es., un riferimento che accompagna non solo fisicamente il suo viaggio [“guardo la corrente come per cogliervi l’ultimo istante della mia vita, ha abbastanza forza per portare via tutto, le pietre, la cattedrale, un’intera città. Una tempesta si agita nelle acque del fiume, un vento vi si dibatte pag.18-19];  in altro momento il  riferimento al clima [“non ci sono stagioni in questi paesi, il clima è sempre uguale, afoso, monotono, siamo in quella fascia calda della terra che non ha primavere, non ha risvegli” pag, 13]